
“Non c’è in natura una passione più diabolicamente impaziente di quella di colui che, tremando sull’orlo del precipizio, mediti di gettarvisi”.
” Sono diventato pazzo, con lunghi intervalli di orribile salute mentale”.
Il nemico sempre presente
Le due frasi citate sono di Edgar Allan Poe che, attraverso il dagherròtipo noto come “Ultima Thule”, che lo ritrae trentanovenne e vicinissimo alla morte, mostra il suo viso sciupato con fronte spaziosa. baffi neri e occhi profondi e malinconici.
L’alcol inizia a segnarlo dall’infanzia attraverso la figura del padre sempre ubriaco e violento che lo abbandona piccolissimo, ed interferirà lungo tutto l’arco della sua breve esistenza, anche se sembra che Poe fosse più un alcolista compulsivo, con lunghi periodi di sobrietà, che un alcolista cronico. “Il mio temperamento sensibile – diceva – non mi permette di sopportare certe emozioni che per le altre persone sono normali ed ordinarie”. Anche l’uso dell’oppio fa la sua dannata parte nella mente dello scrittore sofferente per lutti ed abbandoni che hanno costellato tutta la sua vita. Soprattutto la morte di giovani donne che lo amano è un evento che si ripete e che lo colpisce con estrema durezza: la madre e la moglie muoiono entrambe a ventiquattro anni di TBC. Nelle sue opere non a caso ritroviamo più volte la morte di una giovane e bella donna, evento centrale e traumatico che irrompe a spezzare la vita di chi muore ma anche di chi resta e che unisce in un macabro destino Thanatos ed Eros.
C’è da ricordare poi che quando Poe venne adottato bambino, i parenti, vedendolo così debilitato e sofferente, pare che gli dessero, imbevendo una mollica di pane, quello che era allora comunemente ritenuto un ottimo rimedio per molti mali e soprattutto per sedare e corroborare i bambini, il Godfrey Cordial. Questo “sciroppo”, economico ed in libera vendita, gradevole per i piccoli perché immerso nella melassa, in realtà era un silenzioso killer con una quantità pericolosa di laudano (tintura di oppio) e alcol da vino rettificato, che conduceva le innocenti vittime alla morte o alla dipendenza per gli anni a venire. Questo spiegherebbe molte cose di Poe e della sua tormentata esistenza.
Poe, non solo racconti del terrore
Poe è stato estremamente poliedrico, visionario, precursore di generi letterari, teorico, editore, poeta (e qui ricordiamo soprattutto” Il Corvo” con la sua atmosfera gotica e l’ossessiva ripetizione al termine di ogni strofa della parola “Nevermore”, “mai più”, che imprime nella mente del lettore il senso della perdita definitiva e irrimediabile.
I suoi famosissimi racconti del terrore hanno influenzato Stephen King e molti altri maestri del genere. Con la figura del suo Auguste Dupin, invece, nasce il prototipo del detective che usa il metodo deduttivo per le proprie indagini, anticipando Sherlock Holmes. Ma Poe è anche autore di racconti di fantascienza come “La Frottola del Pallone” che, sotto forma di reportage, risulta scritto così bene e con particolari tecnici così credibili da apparire “più vero del vero” per moltissimi lettori, anticipando Julius Verne e la famosa beffa di Orson Wells. L’unico romanzo di Poe “La Storia di Arthur Gordon Pym”, horror psicologico, è stato il modello dello scrittore statunitense Lovecraft per il suo “Alle Montagne della Follia” del 1936, dove è evidente la lezione appresa da Poe cioè che il terrore nasca da dentro l’uomo, più che dal mondo esterno, e il mondo interiore è un abisso di nevrosi e follia.
In anticipo su Freud e la psicoanalisi, Poe fa suoi concetti come inconscio, fobia, perturbante (anzi, fascinazione del perturbante) coazione a ripetere e tutto ciò che va oltre la volontà e la coscienza. Come in seguito farà Freud, Poe ritiene che tutto quello che accade nei meandri oscuri della mente non accada per caso e che i desideri, le follie, le paure possano essere oggetto di studio.
Il tema del viaggio, che diventerà uno dei temi caratteristici della letteratura americana, è introdotto da Poe come viaggio dell’anima, avventura di vita, elaborazione della mente, dal quale si esce cambiati per sempre. Sia che si solchino i Mari del Sud, sia che si esplorino le Montagne Rocciose, sia che si arrivi sulla Luna in mongolfiera, sia che si attraversi di notte la città, indipendentemente dal tempo e dallo spazio, che sia sogno o realtà, luoghi fisici o metafisici, il viaggio ha come fine il mutamento del protagonista, il quale potrà conoscere segreti che non possono essere svelati.
La morte e il successo
Nel 1849 lo scrittore, appena quarantenne, viene trovato privo di sensi in una strada di Baltimora con abiti non suoi. Intossicazione alcolica? O “delirium tremens” per astinenza da alcol? Oppure un tentativo di omicidio? O addirittura la morte per rabbia da morso di animale, come ipotizzò un medico negli anni ’90? Tutte teorie, non ci sono risposte certe. E Poe, nei quattro giorni di ricovero in ospedale prima della morte, non fu in grado di raccontare quanto successo.
Il vero valore di Poe viene riconosciuto solo dopo la sua morte, consacrandolo come il primo poeta maledetto della storia, e questo lo consegnerà al successo, soprattutto in Francia. Molti attingono a piene mani ancora oggi sia nella letteratura che nel cinema a quel successo, a quel complesso materiale, razionale e visionario, angosciante ed enigmatico che è stata la sua opera. La morte di Poe, con tutti i suoi misteri, sembra il sigillo perfetto alla sua vita, il soggetto ideale per uno dei suoi racconti.
Tornando all’alcol, questo è protagonista di molti suoi racconti, per esempio il narratore de Il gatto nero è un alcolista cronico, portato alla crudeltà estrema, così come lo è Fortunato de Il barilotto di Amontillado. E lo è Arthur Gordon Pym, lo sfortunato avventuriero del suo romanzo.
L’alcol fu certamente la principale causa delle grandi piaghe che afflissero sempre Poe: la povertà, il fallimento, la solitudine.
Poe è stato un‘unione complessa di razionalità e angoscia depressiva, genio e malattia e, come abbiamo visto, tutta la sua produzione non può mai essere ridotta ad un solo aspetto, tanto è sfaccettata e originale.
L’angelo del bizzarro
Nella sua produzione ci sono anche racconti meno conosciuti, surreali e divertenti, come “L’Angelo del Bizzarro- Stravaganza” in cui Poe scrive una storia godibile, sul tema dell’alcol e dei suoi effetti. Come sempre i fatti sono narrati in prima persona, scelta stilistica che crea un effetto di maggiore veridicità: una serie a catena di coincidenze assurde colpisce il narratore senza nome che, tra i fumi dell’alcol, continua a scolare bicchieri di Lafitte e si rifiuta di credere che possano accadere cose così assurde o troppo strane. Gli appare un buffissimo e paradossale angelo che gli parla con accento tedesco e gli farà cambiare idea. Poe, secondo quanto da lui stesso teorizzato, porta all’eccesso il bizzarro e lo fa regalandoci un racconto leggero che può essere letto in più chiavi. Riportiamo una parte del testo, con la descrizione delle incredibili caratteristiche dell’anomalo angelo:
“Mein Gott, che stubito sei per tire cose simili!” rispose la voce più straordinaria che avessi mai sentito. In un primo tempo, la scambiai per un rimbombo nelle orecchie – quello che a volte si sente quando si è ubriachi – ma, ripensandoci, mi resi conto che era un suono più simile a quello che produce un barile vuoto colpito con un bastone; e, in effetti, lo avrei creduto proprio quello se non fosse stato per l’articolazione di sillabe e parole. Di natura non sono affatto nervoso, e i pochi bicchieri di Lafitte che avevo centellinato mi avevano reso alquanto baldanzoso per cui non mi spaventai affatto, limitandomi ad alzare con calma gli occhi, girando lo sguardo nella stanza per scoprire l’intruso. Ma non riuscii a scorgere nessuno.
“Humh!” riprese la voce, mentre continuavo a guardarmi attorno. “Tefi essere spronzo come un borco, dungue, se non mi feti setuto accanto a te.”
A quel punto, guardai dritto davanti al naso ed ecco, proprio lì, seduto al tavolo, di fronte a me, vidi un personaggio indefinito, pur se non del tutto indefinibile. Il corpo era una botte da vino, o un barile da rum, o qualcosa di simile, con un aspetto decisamente falstaffiano. Nell’estremità inferiore erano conficcati due bariletti, che sembravano fungere da gambe. Le braccia erano due bottiglie abbastanza lunghe, che pendevano dalla parte superiore di quella carcassa, con il collo in fuori a mo’ di mani. Tutto ciò che riuscii a vedere come testa di quel mostro somigliava a una borraccia dell’Assia, che a sua volta somiglia a una grossa tabacchiera con un foro nel coperchio. Questa borraccia (sormontata da un imbuto simile a un berretto sulle ventitré, calato sugli occhi) era collocata sul bordo del barile, col foro verso di me; e attraverso quel foro, che appariva raggrinzito come la bocca di una vecchia zitella molto puntigliosa, l’essere emetteva brontolii e rimbombi che, secondo lui, erano ovviamente parole intellegibili…”
Poe qui usa abilmente l’elemento fantastico strutturando una storia che viene condotta dall’ Angelo del Bizzarro che è il vero protagonista. Tutta la catena perfetta di avvenimenti assurdi e buffi, che sembrano verificarsi dopo il suo arrivo, si spezza quando irrompe sulla scena la realtà, che fa vedere le cose sotto una luce differente e come davvero siano andate, dissipando le nebbie dell’alcol.
Infine come omaggio a questo geniale scrittore, a quest’ uomo onirico, complesso e tormentato, riprendiamo qui l’inizio della sua poesia “ Terra di Sogni” perché pare scritto come suggello della sua stessa vita:.
Per una strada oscura e solitaria,
Infestata sol da angeli malvagi,
Ove un Fantasma, che per nome ha NOTTE,
Eretto regna sopra un nero trono
Ho da poco raggiunto queste terre
Da una lontana ed indistinta Thule1 —
Da un selvaggio strano luogo che, sublime,
Si trova fuori del TEMPO e dello SPAZIO